🌿 La stanza della luce – Perdere chi ami troppo presto e continuare a vivere

Un racconto per chi ha perso troppo presto chi amava troppo forte

Ci sono ferite che non si rimarginano mai del tutto.
La perdita di un genitore – soprattutto quando arriva troppo presto – è una di quelle.
Per qualcuno, un anno può sembrare tanto tempo; per chi ha subito un lutto così grande, può essere un battito di ciglia. Il dolore non segue orologi o calendari: ognuno ha i suoi tempi, e imparare a vivere senza chi riempiva la nostra vita è un percorso che non ha scadenze.

Ho scritto questo racconto tempo fa, come sfogo e come aiuto a me stessa, dopo aver perso i miei genitori. Oggi lo riprendo in mano pensando a un’amica che, da un anno, vive senza il suo amato babbo. Spero che queste parole possano dare conforto anche a chi, oggi, si sente perso.


La stanza della luce

C’erano giorni in cui la casa sembrava più vuota del solito.
Non perché mancassero voci o passi, ma perché mancavano loro.
Il suono del cucchiaino nel caffè del babbo, il profumo del sugo della domenica fatto dalla mamma.
Era come se il tempo avesse portato via gli arredi invisibili: quelli che non si vedono, ma che riempiono tutto.

Clara aveva perso entrambi i genitori troppo presto.
Troppo in fretta.
Senza che avesse avuto il tempo di prepararsi.
«Sei forte», le dicevano. Ma lei non si sentiva forte. Si sentiva sradicata.
Come un albero rimasto in piedi solo per inerzia.

Un giorno d’autunno, aprì la vecchia soffitta.
Cercava una sciarpa, trovò invece una scatola di lettere.
Era la calligrafia di sua madre: precisa, piena, calda come le sue mani.
Dentro ogni foglio c’erano piccoli consigli, ricette, racconti di quando lei, Clara, era piccola.
E una frase scritta più volte:
«Non smettere di vivere, nemmeno quando ci sembrerà impossibile.»

Clara pianse.
Non le lacrime che scendono in fretta, ma quelle lente, profonde, che vengono da un pozzo che si credeva secco.
In quel momento capì qualcosa che nessuno le aveva detto chiaramente:
non c’è un tempo per guarire dal dolore.
Non esiste un calendario dell’anima.
È normale piangere ancora dopo mesi, dopo anni.
Anche piangere è amare.
Perché ogni volta che un odore ci riporta un ricordo, ogni volta che un silenzio ci fa sentire una mancanza,
le lacrime che scendono non sono debolezza —
sono amore che non ha trovato altra via per uscire.
Non esiste una data di scadenza per il dolore.
E il pianto, se arriva, è solo un altro modo per dire: «Mi manchi.»

Da quel giorno, tornava spesso nella soffitta.
Accendeva una piccola lampada, leggeva una lettera, respirava piano.
Era diventata la sua stanza della luce.
Non guariva il dolore, ma gli dava un posto sicuro, una forma, un nome.

Un giorno, portò lì suo figlio. Gli mostrò le lettere.
Lui chiese:
— Ma non ti manca la nonna?
Clara sorrise.
— Sì, ogni giorno. Ma ora non fa più male come prima.
È come il sole in inverno: non scalda tanto, ma ti ricorda che la luce esiste.

E mentre lo diceva, capì che parlare del dolore è anche un modo per non dimenticare.
Per lasciare che l’amore continui a vivere.
Anche senza corpo. Anche senza voce.


Per chi sta vivendo questo dolore

Se hai perso qualcuno troppo presto, ricordati che non c’è un “dopo” in cui il dolore scompare come per magia.
Ci sarà un tempo in cui imparerai a conviverci, un tempo in cui il vuoto sarà riempito, almeno in parte, dai ricordi più dolci.
Piangere, anche dopo anni, non è un segno di debolezza, ma di amore che continua a vivere.

A chi oggi si sente sradicato, voglio dire:
custodite i vostri ricordi come fosse la vostra stanza della luce.
Tenetela accesa. Tornateci ogni volta che serve.

Questo racconto lo dedico a Fabio, il babbo della mia amica, che continuerà a vivere nei suoi gesti, nei suoi pensieri e nel suo cuore. Sempre.

“Tra Tex, Diabolik e calamite: storie di una collezionista felice”

Hai delle collezioni?

C’è chi colleziona emozioni, chi colleziona scarpe… e poi ci siamo noi: i collezionisti di ricordi, oggetti e passioni.

Sono cresciuta in una famiglia dove collezionare era quasi un rito, un modo di amare, di custodire il tempo, i viaggi, le storie.

Mio babbo era un grande collezionista di fumetti, soprattutto del mitico Tex. Quei fumetti consumati, sfogliati mille volte, profumano ancora di avventura. Per lui, Tex non era solo un eroe western, era un compagno di viaggio, una porta su mondi lontani, polverosi e affascinanti. Accanto a quei volumi ordinati con cura, spuntavano banconote e monete da ogni angolo del mondo. Ogni pezzo raccontava una storia, ogni simbolo incideva una cultura, ogni valuta diventava parte del nostro salotto e della nostra fantasia.

La mia mamma, invece, era una vera Diabolika. Collezionava i fumetti di Diabolik, con quell’aura misteriosa, elegante e un po’ noir. Mi ricordo che li sfogliava con occhi attenti, affascinata dalla mente geniale di Diabolik e dal suo amore con Eva. Anche lei, a modo suo, amava i viaggi… ma mentali, nell’intrigo di quelle pagine nere e bianche.

E io? Beh, non potevo che ereditare questa passione. Da bambina, ogni estate i miei organizzavano un viaggio in famiglia. Era la nostra tradizione. Ed è proprio lì che ho cominciato la mia collezione più tenera: le cartoline. Le compravo, le scrivevo, le spedivo… anche a me stessa! Lo faccio ancora oggi. Ricevere una cartolina è come ricevere un abbraccio dal passato: ha un sapore dolce, un po’ malinconico, ma vero. Tangibile. Vivo.

Poi sono arrivate le calamite. Oh sì, le amo! Ne compro in ogni viaggio, per ogni evento speciale, anche i più piccoli. Per la nascita del mio bimbo le ho persino create a mano, un pezzetto di cuore incollato su un frigo. E sapete cosa? Anche i miei alunni sono entrati nel gioco! Quando tornano dalle vacanze, mi portano una calamita come pensiero. È il loro modo di dirmi: “Ti ho pensata”. E io conservo ogni pezzo con cura, come se fosse un frammento di un legame che va oltre la scuola.

E poi c’è lei: la mia contrada.
Da senese e contradaiola, ogni oggetto legato alla mia contrada ha un valore che supera qualsiasi altra collezione. Sono simboli di appartenenza, di identità, di emozioni vissute collettivamente. Ogni 13 dicembre, in occasione di Santa Lucia, non può mancare l’acquisto della campanina nuova: è una tradizione tutta nostra. Le bancarelle si riempiono di piccoli oggetti, luci e profumi invernali… ma per noi contradaioli, la campanina è sacra. È un rito, un gesto che segna l’inizio di un nuovo anno di contrada. Ogni campanina è diversa, unica, e collezionarle è come conservare nel cuore ogni stagione vissuta insieme.

E tu? Hai una collezione?
Che sia di oggetti, profumi, biglietti del cinema o sassi raccolti al mare… non sottovalutare il potere di custodire. Perché collezionare non è solo accumulare: è celebrare.
È fermare il tempo.
È tenere stretto ciò che ci fa sorridere.

Fammi sapere nei commenti: qual è la tua collezione del cuore?

25 Aprile: perché è importante ricordare

Il 25 aprile non è solo un giorno di festa nel calendario italiano: è la Festa della Liberazione, una data carica di significato storico, civile e umano. Come educatrice, sento il bisogno – e la responsabilità – di trasmettere alle nuove generazioni il valore profondo di questa ricorrenza.

Cosa celebriamo il 25 aprile?
Il 25 aprile 1945 segna la fine dell’occupazione nazifascista in Italia e la vittoria della Resistenza, il movimento formato da donne e uomini che hanno lottato per la libertà, spesso a costo della propria vita. È un giorno simbolico, scelto per rappresentare il momento in cui l’Italia ha ripreso in mano il proprio destino e ha cominciato a costruire la democrazia in cui oggi viviamo.

Una memoria viva
Parlare del 25 aprile significa parlare di coraggio, di scelte difficili, di ideali come la giustizia, la libertà e la dignità umana. Non è solo “storia passata”: è un’eredità che viviamo ogni giorno. In classe, nei gruppi educativi, nei laboratori, cerco di stimolare la riflessione su cosa significhi oggi “essere liberi” e “prendere posizione”.

Educare alla cittadinanza
Il 25 aprile è anche un’occasione preziosa per educare alla cittadinanza attiva. Ricordare la Resistenza non significa glorificare la guerra, ma ricordare che la pace e la democrazia sono frutto di scelte consapevoli e partecipate. Ogni piccolo gesto, ogni parola, ogni confronto rispettoso è un atto di resistenza quotidiana contro l’indifferenza, l’odio e l’ingiustizia.

Un invito a partecipare
Invito bambine, bambini, ragazze e ragazzi (e anche gli adulti!) a partecipare alle iniziative che si svolgono in tutta Italia: cortei, letture, mostre, incontri con i partigiani o con chi custodisce la loro memoria. Perché la storia si comprende meglio quando si vive, si ascolta e si condivide.

Il 25 aprile è di tutti. Custodiamolo, celebriamolo, raccontiamolo.

Addio a Papa Francesco: un uomo di fede, dialogo e riforma

Oggi, 21 aprile 2025, il mondo piange la scomparsa di Papa Francesco, il 266º Vescovo di Roma, che ci ha lasciato all’età di 88 anni nella sua residenza di Casa Santa Marta, in Vaticano. La sua morte, avvenuta dopo un lungo ricovero per polmonite bilaterale, segna la fine di un pontificato che ha segnato profondamente la Chiesa e la società mondiale.

Nato Jorge Mario Bergoglio a Buenos Aires nel 1936, è stato il primo Papa latinoamericano, gesuita e il primo a scegliere il nome Francesco, ispirandosi al Santo di Assisi, simbolo di povertà, pace e amore per il creato

Durante il suo pontificato, Papa Francesco ha promosso una Chiesa più vicina agli ultimi, alle periferie esistenziali, ai poveri e agli emarginati. Ha lanciato encicliche storiche come Laudato si’, che denuncia il degrado ambientale, e Fratelli tutti, che invita alla fratellanza universale e alla solidarietà

Personalmente, ho avuto la grazia di vivere sotto il pontificato di tre Papi: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco. Giovanni Paolo II è stato il primo Papa che ho conosciuto, un uomo di grande carisma e spiritualità. Con il tempo, ho imparato ad apprezzare anche i suoi successori, ognuno con la propria unicità e contributo alla Chiesa.

Papa Francesco, con la sua umiltà, il suo coraggio nel promuovere riforme e il suo impegno per la giustizia sociale, ha lasciato un segno indelebile. La sua morte ci invita a riflettere sul suo messaggio di misericordia, dialogo e apertura.

Come donna di fede, credo che ogni persona viva la propria spiritualità in modo unico. La vita frenetica di oggi ci permette di avvicinarci alla fede secondo i nostri tempi e modi. Indipendentemente dal credo religioso, tutti conoscono il Papa e rispettano la sua figura. Ogni religione ha il suo cammino, ma il rispetto reciproco è fondamentale per una convivenza armoniosa.

Concludo questo articolo con una preghiera per Papa Francesco:

“Signore, accogli nella Tua pace il nostro amato Papa Francesco.
Grazie per il suo esempio di fede, speranza e carità.
Concedigli la gioia eterna nel Tuo regno.
Amen.”

Che il suo esempio continui a ispirarci nel nostro cammino di fede e umanità.

La Tecnologia: Come Ha Modificato il Mio Lavoro di Educatrice Scolastica

La tecnologia come ha modificato il tuo lavoro?

Negli ultimi anni, in particolare a partire dalla pandemia di COVID-19, la tecnologia ha avuto un impatto notevole sul mondo dell’educazione. Come educatrice scolastica nelle scuole medie e superiori, assistente alla comunicazione e insegnante di sostegno, ho visto profondamente trasformato il mio lavoro e quello dei miei alunni. In questo articolo, esplorerò i pro e i contro di questa evoluzione, cercando di capire come la tecnologia abbia migliorato e, talvolta, complicato il mio ruolo educativo.

I Pro: Le Opportunità Offerte dalla Tecnologia

  1. Accesso Facilitato alle Risorse
    La tecnologia ha amplificato enormemente l’accesso a una vasta gamma di risorse didattiche. Piattaforme come Google Classroom, Moodle o altre applicazioni educative permettono di condividere materiali, compiti, video e risorse multimediali in modo semplice e veloce. Gli studenti possono recuperare contenuti e rimanere aggiornati anche a distanza, il che è particolarmente utile in un contesto di apprendimento inclusivo, dove ogni studente ha esigenze diverse.
  2. Personalizzazione dell’Apprendimento
    Una delle più grandi potenzialità della tecnologia è la possibilità di personalizzare l’apprendimento. Programmi come quelli per la lettura assistita, software di sintesi vocale e strumenti di traduzione automatica hanno migliorato l’accessibilità per gli studenti con bisogni educativi speciali. Gli studenti possono apprendere al proprio ritmo, adattando gli strumenti digitali alle proprie necessità individuali.
  3. Educazione a Distanza e Continuità Didattica
    Durante la pandemia, la didattica a distanza è diventata una risorsa fondamentale. Anche se non sostituisce completamente l’interazione in presenza, le videolezioni, le piattaforme di e-learning e i gruppi di discussione online hanno garantito la continuità dell’educazione, permettendo di non interrompere il percorso scolastico. Per gli studenti con disabilità, la tecnologia ha dato la possibilità di continuare a ricevere supporto, spesso tramite strumenti che li aiutano nella comprensione e nell’interazione.
  4. Strumenti di Comunicazione Migliorati
    La tecnologia ha migliorato anche la comunicazione tra insegnanti, alunni e famiglie. Le piattaforme di comunicazione scolastica hanno reso più immediato il dialogo tra genitori e insegnanti, facilitando la collaborazione per il successo educativo dei ragazzi. Inoltre, gli strumenti di videoconferenza hanno permesso agli studenti di continuare a ricevere supporto educativo a distanza in modo interattivo.

I Contro: Le Sfide della Tecnologia nell’Educazione

  1. Dipendenza dalla Tecnologia
    Una delle principali problematiche della tecnologia nell’educazione è la crescente dipendenza dai dispositivi elettronici. Molti studenti rischiano di sentirsi sopraffatti dall’uso costante di computer, tablet e smartphone, con il rischio di diventare meno concentrati e più facilmente distratti. Inoltre, il passaggio continuo tra piattaforme digitali può portare a una difficoltà crescente nella gestione del tempo e della concentrazione.
  2. Disuguaglianze nell’Accesso alle Tecnologie
    Non tutti gli studenti hanno accesso a tecnologie moderne o a connessioni internet di alta qualità. Questo crea un divario tra gli studenti che possono beneficiare pienamente delle risorse online e quelli che invece si trovano in difficoltà. La disparità nell’accesso ai dispositivi o alla banda larga può escludere alcuni alunni dall’apprendimento digitale, creando situazioni di svantaggio che, come educatori, dobbiamo gestire attentamente.
  3. Difficoltà nell’Interazione Sociale
    La didattica online e l’uso eccessivo della tecnologia possono ridurre le opportunità di interazione sociale diretta tra gli studenti. Durante la pandemia, la mancanza di interazioni faccia a faccia ha reso più difficile per molti ragazzi sviluppare competenze relazionali e emotive. Questo è particolarmente importante nel mio ruolo di insegnante di sostegno, dove la relazione interpersonale gioca un ruolo fondamentale nel supporto e nell’inclusione.
  4. Sovraccarico Tecnologico
    Per noi educatori, la gestione delle piattaforme digitali e delle risorse tecnologiche ha comportato un incremento del lavoro. Ogni strumento digitale richiede una costante manutenzione, una supervisione delle attività online e una preparazione continua per affrontare nuove applicazioni. Questo aumento delle richieste tecnologiche può causare stress e una certa difficoltà a bilanciare le attività tradizionali con quelle digitali.

Conclusioni

La tecnologia ha senza dubbio modificato il mio lavoro in modo significativo, portando vantaggi notevoli ma anche sfide complesse. Da un lato, ha facilitato l’accesso a risorse didattiche e ha permesso un apprendimento più personalizzato; dall’altro, ha reso più difficile gestire l’equilibrio tra l’interazione digitale e quella diretta. La chiave per un utilizzo efficace della tecnologia nell’educazione è saperla integrare in modo che possa supportare e non sostituire l’esperienza educativa globale. Come educatrice, il mio obiettivo rimane quello di promuovere un apprendimento che sia il più inclusivo, coinvolgente e umano possibile, sfruttando i benefici della tecnologia senza rinunciare al valore della relazione personale.

La Fotografa Giulia Brogi e il Progetto di Identità Stampate: Un Viaggio di Ricordi Immutabili

C’è qualcosa di magico nelle foto stampate. Immagini che non sono semplici scatti, ma veri e propri ricordi che ci accompagnano nel corso della vita, portando con sé emozioni e momenti che non vorremmo mai dimenticare. Per me, la fotografia è sempre stata un modo per conservare la bellezza dei piccoli momenti quotidiani che rendono speciale la nostra storia. È proprio per questo che mi sono innamorata del lavoro di Giulia, una talentuosa fotografa di Siena, che ha un progetto speciale: Identità Stampate.

Come Ho Conosciuto Giulia

Tutto è iniziato con una semplice ricerca su internet. Un giorno, mentre curiosavo online, mi sono imbattuta in una pubblicità per una mini sessione fotografica natalizia. Era il periodo delle festività e pensai che sarebbe stato un regalo perfetto per la mia famiglia. Così, io e la mia famiglia abbiamo deciso di partecipare e immortalare il nostro Natale in modo speciale, senza sapere che dietro l’obiettivo ci sarebbe stata una persona in grado di catturare non solo l’immagine, ma anche l’essenza di quei momenti. Quando incontrai Giulia, mi colpì subito la sua professionalità. Ma ciò che la distingue è il suo modo di farti sentire come a casa, come tra vecchie amiche. Questo ha reso la nostra esperienza fotografica unica e rilassante. Giulia riesce a mettere a proprio agio chiunque, anche chi, come me, non è abituata a trovarsi davanti a un obiettivo. Non è solo una fotografa, è una persona capace di leggere le emozioni di chi ha davanti, rendendo ogni scatto autentico e naturale.

Identità Stampate: Un Progetto Che Va Oltre la Foto

Dopo quella prima sessione natalizia, ho deciso di partecipare a ulteriori servizi fotografici con Giulia, perché mi ero resa conto di quanto fosse importante per me avere delle foto stampate. Oggi viviamo in un mondo digitale, dove le immagini restano archiviate nei nostri dispositivi, ma quelle foto stampate sono qualcosa di tangibile, qualcosa che possiamo toccare e rivedere ogni volta che vogliamo rivivere un’emozione. Ecco cos’è Identità Stampate: un progetto che va oltre la semplice fotografia. Non si tratta solo di scattare una foto, ma di creare dei ricordi che rimarranno vivi nel tempo. Giulia non si limita a fermare un momento, ma ti aiuta a raccontare la tua storia attraverso l’immagine. Ogni foto stampata diventa una parte del tuo passato, qualcosa che potrai regalare, custodire o semplicemente apprezzare ogni giorno. È un viaggio visivo che rende indelebile l’identità di ognuno di noi.

Un Progetto Personale: Fare un Regalo a Noi Stessi

Quello che mi ha spinto a scegliere di realizzare il progetto di Identità Stampate con Giulia, sia da sola che insieme a mio marito, è stato il desiderio di preservare questi momenti così speciali della nostra vita. Volevamo qualcosa che fosse nostro, che rappresentasse noi come famiglia, e che potessimo guardare anche tra anni, magari quando nostro figlio sarà grande e potrà rivedere questi scatti che raccontano la sua infanzia e i nostri ricordi più belli. Volevamo fare un regalo a noi stessi, per fermare nel tempo un’epoca della nostra vita che, purtroppo, non tornerà mai più. E così, con Giulia, siamo riusciti a catturare quella parte di noi, in modo autentico e senza forzature. Ogni scatto è stato pensato per riflettere la nostra storia, i nostri momenti più significativi.

Un’Idea per Regalare Un Momento Speciale

Giulia non è solo una fotografa, è un’artista che riesce a trasformare ogni scatto in un pezzo di storia. Se volete un regalo che duri nel tempo, qualcosa che non si può “perdere” in un cassetto digitale, ma che sarà sempre lì, fisico e tangibile, vi consiglio di dare un’occhiata al suo progetto di Identità Stampate. Che sia per un regalo speciale, per immortalare un momento importante della vostra vita, o semplicemente per avere dei ricordi che vi accompagneranno nel tempo, Giulia è la persona giusta per farlo. E se siete senesi, come me, avrete anche la possibilità di farvi “rubare” uno scatto, nei giorni del Palio, quei giorni che sono così significativi per tutti noi. Giulia, con la sua abilità di catturare l’attimo giusto, riesce a “rubare” scatti spontanei che raccontano l’autenticità e l’essenza di Siena, della sua storia e della sua gente. È un’emozione unica che non potrete trovare in nessun altro luogo.

Fatevi Un Regalo Speciale

Giulia vi aspetta con il suo progetto Identità Stampate presso il laboratorio temporaneo in via dei Pontani 5 a Siena fino al 6 aprile.

https://www.giuliabrogi.com/laboratorio-temporaneo-di-identita-stampate/

Non lasciate che i vostri ricordi restino nascosti nei dispositivi digitali. Regalatevi una foto stampata, un momento che rimarrà per sempre con voi. Vi assicuro che non ve ne pentirete. Un’immagine non è solo un riflesso della realtà, ma un’emozione che può durare per sempre. E con Giulia, ogni scatto diventa una parte di voi, un pezzo di storia che potrete custodire nel cuore e nelle mani.

Cosa Vorrei Poter Fare di Più Ogni Giorno: Il Tempo per Me Stessa

Cosa vorresti poter fare di più ogni giorno?

Ogni giorno, la mia vita è un equilibrio delicato tra impegni lavorativi, la gestione della famiglia e le attività che mi appassionano. Parto la mattina presto e, tra il lavoro e gli impegni legati alla contrada, la giornata sembra volare via senza che mi accorga. Nonostante il cuore e la mente siano impegnati in mille attività, c’è qualcosa che sento stia mancando: il tempo per il mio corpo e il mio benessere.

Spesso, chiacchierando con altre mamme, amiche e colleghe, ci ritroviamo a condividere lo stesso desiderio: quello di avere più tempo per dedicarsi a sé stesse. Ma la realtà è che la quotidianità è frenetica, e quando arriviamo a fine giornata, siamo talmente stanche che il pensiero di fare esercizio fisico o di prenderci cura del nostro corpo sembra quasi un lusso irraggiungibile.

Il Benessere Fisico, Un’Attività Necessaria

Lo sport e il benessere fisico sono, per me, non solo un bisogno fisico ma anche mentale. So bene quanto sia importante muoversi per sentirsi bene, rilassarsi, ridurre lo stress e sentirsi in forma. Tuttavia, trovare il tempo per allenarsi ogni giorno diventa una sfida quando le ore della giornata sono occupate da una miriade di altre priorità. Il lavoro, la gestione del mio bambino, le attività quotidiane, gli impegni nella contrada e, naturalmente, le necessità familiari, sembrano non lasciare spazio per ciò che sarebbe per me un momento di rinvigorimento.

Mi piacerebbe avere quel tempo, quei 30 minuti al giorno, da dedicare esclusivamente a me stessa. Che si tratti di una corsa al parco, di una lezione di yoga o di una semplice passeggiata, ogni attività fisica mi farebbe sentire più energica e centrata. In fondo, la salute e il benessere del nostro corpo non dovrebbero essere considerati un optional, ma una priorità da inserire tra gli impegni quotidiani.

Trovare l’Equilibrio tra Impegni e Benessere

La sfida maggiore non è tanto volere di più, ma saper bilanciare tutto ciò che già facciamo. Ogni giorno è un puzzle da risolvere: trovare il giusto mix tra lavoro, famiglia, hobby e, se possibile, anche un po’ di tempo per noi stesse. Eppure, so che anche solo qualche minuto dedicato a un’attività fisica potrebbe fare la differenza, restituendo più energia e serenità a tutte le altre attività che occupano la mia vita.

Forse il segreto non è aspettare il momento perfetto, ma piuttosto inserire delle piccole abitudini nella routine quotidiana: svegliarsi un po’ prima, ritagliarsi uno spazio durante la pausa pranzo, o sfruttare il tempo che passiamo con il nostro bambino per fare attività insieme. In fondo, anche un po’ di movimento può essere utile a mantenere il corpo in forma e la mente sana.

Il Tempo per Me Stessa: Una Priorità, Non un Lussuoso Piacere

In fin dei conti, l’obiettivo non è fare chissà quali imprese sportive, ma piuttosto investire nel nostro benessere per affrontare al meglio tutti gli altri impegni. La consapevolezza che il tempo per me stessa, anche se breve, è fondamentale mi aiuta a non sentirlo come un lusso, ma come una necessità.

Quindi, cosa vorrei poter fare di più ogni giorno? Più sport, più benessere, più cura di me stessa. Perché quando il nostro corpo sta bene, anche la nostra mente ne beneficia, e quando entrambi sono in armonia, possiamo affrontare la vita con maggiore serenità e energia.

E tu, cosa vorresti fare di più ogni giorno per te stessa?

“Storia di una capinera” di Giovanni Verga: una storia di libertà negata

Introduzione

“Storia di una capinera”, pubblicato nel 1871, è uno dei romanzi più emozionanti e struggenti di Giovanni Verga. Attraverso la forma epistolare, l’autore racconta la vicenda di Maria, una giovane costretta a prendere i voti contro la propria volontà. La sua storia è un grido soffocato di dolore e desiderio di libertà, un tema che, nonostante il contesto storico, continua a essere profondamente attuale.

Trama

Maria è una ragazza cresciuta in convento, lontana dal mondo e dalle sue emozioni. Quando un’epidemia la costringe a tornare momentaneamente a casa, scopre la bellezza della vita fuori da quelle mura: i colori, gli affetti familiari e soprattutto l’amore. Conosce Nino, un giovane che risveglia in lei sentimenti nuovi e travolgenti. Tuttavia, la sua felicità è destinata a essere spezzata: la famiglia ha già deciso il suo futuro, e Maria deve tornare in convento. La disperazione la consuma giorno dopo giorno, portandola infine a una fine tragica.

Temi principali

Uno degli aspetti più toccanti del romanzo è il contrasto tra libertà e costrizione. Maria è paragonata a una capinera, un uccellino che vorrebbe volare libero ma viene rinchiuso in una gabbia. Questo simbolo racchiude il destino della protagonista, che non può opporsi alla volontà della famiglia e della società.

Un altro tema centrale è la condizione della donna nell’Ottocento. Maria, come molte altre giovani dell’epoca, non ha il diritto di scegliere il proprio futuro. Il matrimonio o il convento erano le uniche opzioni, e il volere della famiglia aveva più peso della felicità personale.

Infine, il romanzo riflette il tipico pessimismo del Verismo: non c’è un lieto fine, solo una rassegnazione dolorosa a un destino ingiusto. Verga mostra come le classi più deboli siano spesso vittime di imposizioni sociali, senza possibilità di ribellarsi davvero.

Un messaggio ancora attuale

Sebbene Storia di una capinera sia ambientato nel XIX secolo, il suo messaggio resta attuale. Ancora oggi, in molte parti del mondo, ci sono persone, soprattutto donne, costrette a matrimoni combinati o a seguire percorsi di vita imposti dalla famiglia. Anche in società più moderne, capita spesso che le scelte personali vengano ostacolate da pressioni sociali e aspettative.

Maria rappresenta tutte quelle persone che lottano per affermare la propria identità ma si trovano intrappolate in situazioni che non hanno scelto. La sua storia ci ricorda quanto sia importante difendere il diritto di essere liberi, di amare chi si vuole e di costruire la propria felicità senza imposizioni.

Perché consiglio questo libro?

“Storia di una capinera” è un romanzo toccante, scritto con uno stile semplice ma profondamente emozionante. Leggendolo, ci si immerge nei pensieri di Maria, sentendo sulla propria pelle la sua sofferenza e il suo desiderio di libertà. È una lettura che fa riflettere, che ci porta a interrogarci su quante persone, ancora oggi, si trovino in una situazione simile.

Lo consiglio a chi ama le storie intense e drammatiche, a chi vuole conoscere meglio la società dell’epoca e a chi cerca un libro capace di far emergere emozioni profonde. È un’opera breve, ma con un impatto che rimane nel cuore a lungo.

Conclusione

Giovanni Verga, con Storia di una capinera, ci regala un romanzo struggente e attuale, che parla di sogni infranti e libertà negate. Maria è il simbolo di chi non può scegliere il proprio destino, e la sua voce continua a risuonare anche oggi, ricordandoci quanto sia preziosa la libertà.

Se non lo avete ancora letto, vi invito a farlo. È una storia che merita di essere conosciuta e che, una volta letta, difficilmente si dimentica.

Come affrontare le emozioni negative: 5 strategie efficaci

Quali strategie usi per far fronte alle emozioni negative?

Le emozioni negative fanno parte della nostra vita quotidiana, ma come possiamo affrontarle senza lasciarci sopraffare? La gestione delle emozioni è una competenza fondamentale per il benessere psicologico e il nostro equilibrio interiore. In questo articolo, condividerò alcune strategie che utilizzo personalmente per far fronte alle emozioni negative e per trasformarle in opportunità di crescita.

1. Accogliere le emozioni senza giudizio

Spesso tendiamo a giudicare le nostre emozioni come “negative” o “sbagliate”, ma la verità è che tutte le emozioni, anche quelle dolorose, hanno un valore. Il primo passo per affrontarle è accoglierle senza giudicarle. Quando mi sento arrabbiata, triste o frustrato, mi fermo un momento e riconosco ciò che sto provando. Questo atto di consapevolezza mi aiuta a non esserne sopraffatta e a non reagire impulsivamente.

2. Riflettere sul motivo dell’emozione

Chiedermi il motivo per cui mi sento così è fondamentale. A volte, le emozioni negative sono il risultato di eventi esterni, ma altre volte sono segnali di qualcosa che non va dentro di me. Ad esempio, la rabbia potrebbe indicare che i miei confini sono stati violati, mentre l’ansia potrebbe nascere dalla paura del futuro. Analizzare la causa mi permette di affrontare l’emozione con più consapevolezza e determinazione.

3. Tecniche di rilassamento e mindfulness

La respirazione profonda, la meditazione e le tecniche di rilassamento sono strumenti potenti per gestire le emozioni negative. Quando mi sento sopraffatto, mi prendo qualche minuto per concentrarmi sul respiro, chiudere gli occhi e liberare la mente dai pensieri intrusivi. La mindfulness mi aiuta a restare nel presente, senza rimuginare su ciò che è stato o preoccupandomi per ciò che potrebbe accadere.

4. Rivalutare la situazione

A volte, le emozioni negative sono il risultato di una percezione distorta della realtà. Rivalutare la situazione da una prospettiva più oggettiva o positiva può fare una grande differenza. Ad esempio, se sono frustrata per un fallimento, cerco di focalizzarmi sulle lezioni apprese e su come posso migliorare in futuro. Questo cambiamento di prospettiva mi permette di vedere la difficoltà come un’opportunità di crescita.

5. Parlare con qualcuno di fiducia

Non bisogna affrontare le emozioni negative da soli. Parlare con una persona di fiducia, che sia un amico, un familiare o un professionista, può essere estremamente utile. A volte, solo il fatto di esprimere a voce alta ciò che stiamo vivendo ci aiuta a vederlo in modo diverso. Le conversazioni spesso offrono nuove prospettive e soluzioni a problemi che, da soli, sembrano insormontabili.